Il Garante del contribuente interviene sugli accertamenti bancari nei confronti dei dettaglianti

Si segnala il Provvedimento n. 3 del 02/02/2015 con il quale il Garante del Contribuente della Liguria interviene in tema di accertamenti bancari sui dettaglianti:  il Garante ivi afferma che la prassi adottata dall’Agenzia delle Entrate (in questo caso si trattava della Direzione Provinciale di Genova), in fase istruttoria, di richiedere al contribuente di fornire giustificazioni in merito alla riconducibilità del singolo versamento a ciascun incasso effettuato nell’ambito della propria attività commerciale non è aderente al dettato normativo (art. 32 DPR 600/73).

Le giustificazioni (non le prove, che si forniscono al giudice) da parte del contribuente dettagliante avrebbero dovuto consistere nel giustificare solo i versamenti sospetti perché eccedenti il dichiarato e non la totalità degli stessi, come invece richiesto dall’ufficio, solo perché non vi sarebbe corrispondenza tra l’incasso e il versamento. In fase istruttoria, pertanto, l’ufficio avrebbe dovuto “selezionare” i movimenti ritenuti sospetti, cioè eccedenti il dichiarato, e solo limitatamente a questi chiedere le giustificazioni al contribuente.

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La proroga comunicata dall’Agenzia delle Entrate sposta la scadenza per l’invio telematico

Con la sentenza n. 26867 del 18/12/2014 la Corte di Cassazione statuisce che non incorre in alcuna sanzione o conseguenza il contribuente che effettua gli adempimenti telematici in ritardo a causa di problemi sulla rete dell’Agenzia delle Entrate. In questi casi prevale infatti il principio dell’affidamento del cittadino nel buon andamento dell’amministrazione finanziaria.

La vicenda processuale vede protagonista una società che aveva presentato una richiesta di rimborso IVA in data 02/02/2004, ossia oltre il termine di 90 gg. previsto dall’art. 2 c. 7 del Dlgs 322/98. La contribuente però aveva calcolato i 90 gg. non già dalla scadenza del 31/10/2003 bensì partendo dalla data del 03/11/2013 in quanto l’Agenzia delle Entrate, con comunicato stampa del 31/10/2013 annunciava che a causa di problemi tecnici che avevano interessato le reti telematiche in quella giornata, era consentita la trasmissione telematica sino alla mezzanotte del 03/11/2003.

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Processo tributario al vaglio di costituzionalità

La CTP di Reggio Emilia (Pres. Montanari, Rel. Gianferrari) con l’ordinanza n. 280/3/14 del 23/09/2014 ha chiesto l’intervento della Corte Costituzionale per vagliare alcune disposizioni sul processo tributario che, ritenute non conformi con le norme europee in materia di giusto processo, sarebbero illegittime.

Nel merito, le norme da passare al vaglio del giudice delle leggi sono: gli artt. 2, 13, 15, 19-bis, 31, 32, 33, 34 e 35 del Dlgs n. 545/92, l’art. 6 del Dlgs 546/92 e l’art. 51 cpc alla luce degli artt. 101 e 111 della Cost. e, per il tramite dell’art. 117, dell’art. 6 della CEDU (quest’ultimo applicabile anche nel processo tributario).

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Dichiarazione dei redditi emendabile oltre la scadenza dell’anno successivo a quello dell’invio solo in presenza di errori formali

La Corte di Cassazione, con la Sent. n. 20415/2014, ha stabilito che il contribuente può emendare la dichiarazione dei redditi oltre il termine dell’anno successivo a quello di invio solo nel caso in cui abbia commesso errori meramente formali che abbiano determinato un maggior debito di imposta.

La vicenda vede protagonista un contribuente al quale veniva notificata una cartella esattoriale per liquidazione di IVA e IRPEF ex artt. 54-bis D.P.R. 633/72 e 36-bis del D.P.R. 600/73 per l’anno 2000. La cartella veniva impugnata in CTP, che rigettava il ricorso, ritenendo tardiva la dichiarazione in rettifica (a proprio favore) presentata solo in concomitanza con la presentazione del ricorso avverso la cartella. Nella fattispecie, la rettifica riguardava una plusvalenza derivante dalla cessione della propria azienda indicata in misura superiore rispetto all’importo effettivo da inserire in dichiarazione. Il contribuente presentava appello in CTR, che veniva parzialmente accolto, limitatamente al reddito imponibile ai fini IRPEF, ritenendo tempestiva la dichiarazione in rettifica presentata dal contribuente. L’ufficio presentava allora ricorso per cassazione, denunciando la violazione e falsa applicazione dell’art. 2 c. 8-bis del D.P.R. 322/98 poiché il contribuente non avrebbe rispettato il termine previsto da tale norma (termine di scadenza della presentazione della dichiarazione dei redditi relativa all’anno successivo a quello oggetto di variazione) per correggere “errori ed omissioni” di carattere formale. Sicchè la dichiarazione integrativa presentata in concomitanza con la proposizione del ricorso introduttivo del giudizio, notificato alla CTP adita solo in data 13/05/2005, era da considerarsi tardiva.

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Risposte a quesiti in materia di TASI

Come noto, l’art. 1 commi da 639 a 703 della L. 147/2013 (Finanziaria 2014) ha introdotto nel panorama tributario italiano la TASI (Tassa sui Servizi Indivisibili).
Trattasi di un tributo locale che va a finanziarie i servizi indivisibili dei comuni (pubblica sicurezza, anagrafe, illuminazione, ecc.).
Dopo varie vicissitudini legislative, il D.L. 66/2014 (Decreto Renzi) ha differito il versamento della prima rata TASI al 16.10.2014 relativamente agli immobili siti nei comuni per i quali alla data del 31.05.2014 non risultava pubblicata la delibera TASI relativa al 2014 (la gran parte, a dire il vero). Il versamento della seconda rata, invece, viene fissato al 16.12.2014.
Visto l’approssimarsi della scadenza per il versamento della prima rata del tributo, lo studio si rende disponibile a fornire apposito servizio di consulenza rispondendo ai quesiti che i contribuenti vorranno inoltrare all’indirizzo mail info@studiolegaletributarioraffaele.it ovvero tramite commento da inserire al presente avviso. Inoltre sarà inserito apposito link sulla pagina facebook dello studio.

- Possiedo un immobile concesso in locazione. Devo pagare solo io o anche l’inquilino?
- Come devo calcolare il tributo?
- Possiedo solo l’immobile in cui dimoro abitualmente e non pago l’IMU. Sono tenuto a pagare la TASI?

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Contraddittorio preventivo obbligatorio anche in presenza di verifiche fiscali senza accesso

Il preventivo contraddittorio tra fisco e contribuenti, con lo scopo di parametrare l’eventuale atto impositivo alla reale situazione del contribuente, costituisce fase imprescindibile della procedura di formazione della pretesa tributaria che non può sopportare alcuna compressione , poiché espressione di un principio generale a cui corrisponde un diritto fondamentale la cui protezione deve essere assoluta. Pertanto il contraddittorio preventivo deve essere assicurato in ogni azione amministrativa di verifica a nulla rilevando che essa sia esercitata presso il contribuente mediante un accesso ovvero presso l’ufficio mediante una verifica a tavolino.

Le fonti normative di tale assunto possono rinvenirsi negli articoli 53 e 97 della nostra Costituzione, negli articoli 41, 47 e 48 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e nell’art. 12 dello Statuto dei diritti del contribuente.

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L’avviso di accertamento esecutivo non convince con riferimento all’obiettivo di velocizzare la riscossione dei tributi

A quasi tre anni di distanza dal suo ingresso nell’ordinamento tributario (art. 29 D.L. 78/2010) ci si chiede se l’accertamento esecutivo abbia raggiunto l’obiettivo per il quale è stato introdotto, ossia quello di velocizzare la riscossione dei tributi, ovvero se possano essere evidenziati dei profili di criticità che possano in qualche modo compromettere la sua “mission”.

E’ da premettere che allo stato attuale l’accertamento esecutivo è stato impiegato limitatamente al versante dell’accertamento piuttosto che su quello, innovativo, dell’azione esecutiva e quindi della riscossione.

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Legittimo l’accertamento analitico-induttivo se le fatture non trovano rispondenza con altri documenti contabili

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 16861 del 24/07/2014, ha stabilito che è legittimo l’utilizzo dell’accertamento analitico-induttivo ex art. 39 c. 1 lett. d) del D.P.R. 600/73 qualora le fatture non corrispondano con altri documenti contabili presi in considerazione durante la verifica.

La vincenda processuale vede protagonista una società la quale subìva una verifica da parte della Guardia di Finanza; durante la stessa veniva riscontrata una difformità contabile tra le fatture emesse ed un tabulato denominato “sommatorie di produzione” riguardante gli impieghi giornalieri di cemento per la produzione delle diverse tipologie di calcestruzzo. Pertanto, ricorrendo le condizioni richieste dall’art. 39 c. 1 lett. d) del D.P.R. 600/73, sulla scorta del pvc redatto dalla Gdf, l’Agenzia delle Entrate provvedeva a notificare avviso di accertamento in relazione a maggiore IVA, IRES e IRAP relativa all’anno di imposta 1998.

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Condotta antieconomica condita con accertamento sintentico: il piatto al contribuente è servito.

La CTR di Roma, con la sentenza n. 72/01/2014 del 14/01/2014 (Pres. Lauro Rel. Tozzi) ha stabilito che è legittimo l’accertamento sintetico operato dall’Ufficio nei confronti del contribuente piccolo imprenditore che ha dichiarato redditi esigui a fronte del possesso di due immobili e di un’autovettura.

La vicenda processuale vede protagonista un contribuente esercente attività di falegnameria al quale l’Agenzia delle Entrate notifica tre avvisi di accertamento per gli anni 2004, 2005 e 2006 accertando per il 2004 un reddito di € 62.768,00 a fronte di un reddito dichiarato pari a € 0, per il 2005 un reddito pari a € 82.781,00 a fronte di un reddito dichiarato pari a € 0 e per il 2006 un reddito dichiarato pari a € 85.189,00 a fronte di un reddito dichiarato pari a € 1.806,00. L’ufficio fondava la pretesa in considerazione del fatto che il contribuente possedeva due immobili, di cui uno costituiva abitazione principale e l’altro residenza secondaria nonché un’automobile del valore di circa € 30.000. Il contribuente proponeva allora ricorso in CTP, chiedendo l’annullamento degli avvisi di accertamento, tenuto conto altresì del fatto che l’ufficio aveva quantificato la superficie dell’immobile adibito ad abitazione principale in mq 414 mentre il contribuente sosteneva che i mq reali erano invece 100,56.

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Il provvedimento di annullamento dell’atto in autotutela deve essere emesso entro il termine per l’impugnazione

La CTP di Campobasso (Sent. 195/1/2014 del 16/06/2014 Pres. e Rel. Di Nardo) ha stabilito che l’atto impositivo errato va annullato tempestivamente, prima che scadano i termini per l’impugnazione; in mancanza l’ente impositore non soltanto è condannato alla rifusione delle spese di giudizio ma anche al pagamento dell’indennizzo di cui all’art. 96 del cpc.

La vicenda processuale vedeva un contribuente ricevere un avviso di accertamento con il quale gli si contestava il mancato versamento del bollo auto. Il contribuente, che aveva conservato la ricevuta di pagamento, aveva presentato alla Regione Molise istanza di annullamento dell’atto in autotutela allegando la ricevuta di pagamento.

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