Processo tributario al vaglio di costituzionalità

La CTP di Reggio Emilia (Pres. Montanari, Rel. Gianferrari) con l’ordinanza n. 280/3/14 del 23/09/2014 ha chiesto l’intervento della Corte Costituzionale per vagliare alcune disposizioni sul processo tributario che, ritenute non conformi con le norme europee in materia di giusto processo, sarebbero illegittime.

Nel merito, le norme da passare al vaglio del giudice delle leggi sono: gli artt. 2, 13, 15, 19-bis, 31, 32, 33, 34 e 35 del Dlgs n. 545/92, l’art. 6 del Dlgs 546/92 e l’art. 51 cpc alla luce degli artt. 101 e 111 della Cost. e, per il tramite dell’art. 117, dell’art. 6 della CEDU (quest’ultimo applicabile anche nel processo tributario).

In sostanza i giudici della CTP, rifancendosi alla giurisprudenza della CEDU su indipendenza e imparzialità del giudice, valutano se l’attuale assetto della giustizia tributaria sia conforme o meno ai parametri CEDU. Orbene, se sotto diversi profili il processo tributario è certamente compatibile con i parametri CEDU (ad es. selezione dei giudici, assenza di pressioni esterne effettive, garanzia di preparazione) non lo è  se si guarda all’inquadramento della giurisdizione. Pertanto, essendo le norme CEDU parametri di costituzionalità, si rende doveroso il rinvio alla Corte Costituzionale per valutare la compatibilità delle norme interne sopra richiamate con le disposizioni CEDU. A tal proposito i giudici della CTP nell’ordinanza affermano che “E’ del tutto evidente che anche queste norme, in particolare quelle del primo tipo appena citato (inquadramento della giurisidizione) possano e, sporattutto debbano essere oggetto dello scrutinio di legittimità costituzionale. Altrimenti il legislatore potrebbe costituire una giurisdizione illegittima (perché non indipendente o per altri motivi) sottraendosi al controllo della Corte delle Leggi solo assumendo che le norme considerate non sarebbero norme direttamente applicate dal giudice nel processo ma solo norme che costituiscono il giudice del processo. Il legislatore potrebbe, senza freno e controllo della Corte delle Leggi, violare gli obblighi internazionali dello Stato e violare la norma sacrale del giusto processo.”

La CTP di Reggio Emilia ritiene che il nostro processo tributario violerebbe i valori di indipendenza e imparzialità sotto diversi profili: un primo profilo attiene al personale delle commissioni, il quale appare “nelle mani” del Mef cui appartengono le autorità che amanano gli atti impositivi, così difettando il requisito della “apparenza”, proprio dell’indipendenza. Un secondo profilo attiene al fatto che i giudici non dispongono autonomamente dei mezzi necessari al funzionamento dell’apparato: la gestione spetta sempre all’autorità che emette gli atti impositivi. Terzo profilo: i compensi dei giudici sono determinati dal Mef e liquidati dalla Direzione Regionale delle Entrate. Accertato che tali profili appaiono in frizione con l’indipendenza del giudice tributario secondo i principi della CEDU e ritenuto che le disposizioni in contrasto sono rilevanti per la controversia sotto il profilo della legittima e valida costituzione dell’organo giudicante, anche ai fini e per gli effetti dell’art. 158 c.p.c.,  il Collegio con l’ordinanza in oggetto ha sospeso il giudizio e rimesso gli atti alla Corte Costituzionale.

Si consideri che qualora l’ordinanza fosse accolta, l’attuale assetto della giustizia tributaria verrebbe scardinato. Il legislatore, attraverso la legge delega (art. 10) potrebbe anticipare il giudice delle leggi e riformare il processo tributario anche tenendo conto delle questioni sollevate dalla CTP di Reggio Emilia.

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