Contraddittorio preventivo obbligatorio anche in presenza di verifiche fiscali senza accesso

Il preventivo contraddittorio tra fisco e contribuenti, con lo scopo di parametrare l’eventuale atto impositivo alla reale situazione del contribuente, costituisce fase imprescindibile della procedura di formazione della pretesa tributaria che non può sopportare alcuna compressione , poiché espressione di un principio generale a cui corrisponde un diritto fondamentale la cui protezione deve essere assoluta. Pertanto il contraddittorio preventivo deve essere assicurato in ogni azione amministrativa di verifica a nulla rilevando che essa sia esercitata presso il contribuente mediante un accesso ovvero presso l’ufficio mediante una verifica a tavolino.

Le fonti normative di tale assunto possono rinvenirsi negli articoli 53 e 97 della nostra Costituzione, negli articoli 41, 47 e 48 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e nell’art. 12 dello Statuto dei diritti del contribuente.

Nell’ambito delle verifiche fiscali bisogna distinguere le verifiche fiscali condotte con esercizio dei poteri di accesso ex art. 52 del D.P.R. 633/72 rIchiamato dall’art. 33 c. 1 del D.P.R. 600/73 e quelle condotte con esercizio degli altri poteri, esattamente quelli di cui all’art. 51 del D.P.R. 633/72 e all’art. 32 del D.P.R. 600/73. E’ da considerarsi attività di verifica, dunque, sia quella che viene svolta mediante accesso presso la sede del contribuente, sia quella svolta direttamente presso l’Ufficio (ad es. indagini finanziarie). Si può affermare, dunque, che il contribuente si considera sottoposto a verifica ogni qualvolta l’ufficio avvii un’attività di indagine sulla sua posizione fiscale.

A tal proposito l’art. 12 della L. 212/2000 elenca una serie di doveri dell’Amministrazione e diritti del contribuente nei confronti dei quali sono svolti accessi, ispezioni e verifiche. In particolare, il comma 7 stabilisce che “Nel rispetto del principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente, dopo il rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, il contribuente può comunicare entro 60 giorni osservazioni e richieste che sono valutate dagli uffici impositori. L’avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza del predetto termine, salvo casi di particolare e motivata urgenza.” Ora, se in caso di verifica con accesso è pacifico che al contribuente spettino le garanzie contenute in tale norma, tale certezza verrebbe meno in caso di controlli svolti presso la sede dei verificatori. Infatti secondo l’Agenzia delle Entrate le previsioni di cui all’art. 12 non sono applicabili ai cd. “controlli a tavolino”. La giurisprudenza, se si esclude qualche isolata sentenza contraria (Cass. sent. nn. 19875/2008 e 3988/2011), è unanime nel ritenere che l’avviso di accertamento notificato prima del decorso del termine di 60 giorni dalla conclusione dell’attività di verifica è sempre nullo, fatto salvo il caso in cui l’ufficio dia dimostrazione della sussistenza di una situazione di “particolare e motivata urgenza” ed è orientata nel ritenere che la fase dell’espletamento del contraddittorio endoprocedimentale  sia richiesta a pena di validità del procedimento di formazione della pretesa tributaria in qualsiasi ipotesi di verifica, dunque non solo quella svolta con accesso presso il contribuente.

Passiamo in rassegna la più significativa giurisprudenza di leggitimità e di merito formatasi sul punto.

Con l’Ord. n. 6088 del 15/03/2011, la Corte di Cassazione stabilisce che “l’eccezione basata sulla rilevazione secondo la quale il termine di cui al comma 7 dell’art. 12 della L. 212/2000 non è perentorio ed inoltre nella specie non era in ogni caso necessario il rispetto del suddetto termine perché l’accesso non si era chiuso con la stesura di un verbale di contestazione finale ma con la redazione di due verbali meramente descrittivi dell’accesso è manifestamente infondato”. “Dalla lettura della norma emerge, per la corrispondenza del termine di emissione dell’avviso con quello concesso al contribuente per comunicare osservazioni e richieste, che il suddetto termine è inteso a garantire al contribuente la possibilità di interagire con l’amministrazione prima che essa pervenga alla emissione di un avviso di accertamento ed in tal senso il mancato rispetto del termine, sacrificando un diritto riconosciuto dalla legge al contribuente, non può che comportare l’illegittimità dell’accertamento, senza bisogno di alcuna specifica previsione in proposito. Peraltro, in ipotesi di termine non perentorio (come ritenuto dalla ricorrente) non avrebbe senso la previsione della possibilità, contemplata nella medesima norma, di emissione di avviso prima del decorso del termine suddetto, solo in “casi di particolare e motivata urgenza”. E ancora: “…la norma non distingue in relazione al contenuto dei verbali, potendo il contribuente comunicare osservazioni e richieste anche in relazione ai verbali che, pur non contenendo contestazioni potrebbero in ogni caso, come nella specie, dare luogo all’emissione di avviso di accertamento …”. 

Tale decisione fa eco alla Sent. n. 26635 del 18/12/2009 resa a SS.UU. nella quale la Suprema Corte afferma che “il contraddittorio deve ritenersi un elemento essenziale e imprescindibile, anche in assenza di una espressa previsione normativa, del giusto procedimento che legittima l’azione amministrativa”.  Tale sentenza venne resa in materia di accertamento basato su parametri e studi di settore: trattasi di attività accertativa che, come noto, viene svolta in ufficio senza effettuare accessi presso il contribuente.

La questione della rilevanza del contraddittorio preventivo all’emissione dell’atto impositivo è stata risolta definitivamente dalla Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione con la Sent. n. 18184 del 14/05/2013, nella quale vengono affermati alcuni principi fondamentali e generali che devono essere osservati nelle procedura di accertamento tributario. In particolare le SS.UU. danno rilievo all’importanza del contraddittorio che, quando assente, costituisce un vizio del relativo procedimento (di formazione della pretesa tributaria), che si traduce in una divergenza dal modello normativo di particolare gravità, in considerazione della rilevanza della funzione di diretta derivazione da principi costituzionali, cui la norma stessa assolve e della forza impediente rispetto al pieno svolgimento di tale funzione che assume il fatto viziante. Pertanto il rispetto del principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente qualifica senza dubbio la norma (art. 12 c. 7 L. 212/2000) come espressiva dei principi di collaborazione e buona fede i quali, ai sensi dell’art. 10 c. 1 devono improntare i rapporti tra contribuenti e fisco e vanno considerati, al pari dei principi di “tutela dell’affidamento”, quali diretta applicazione dei principi costituzionali di buo andamento e imparzialità dell’amministrazione (art. 97 Cost.), di capacità contributiva (art. 53) e di uguaglianza, intesa sotto il profilo della ragionevolezza (art. 3) e quindi, in definitiva, come fondamenti dello Stato di Diritto e canoni di civiltà giuridica.

E’ evidente che la norma, proprio perché attuativa di così elevati principi, non può non avere un’applicazione di portata generale e dunque anche con riferimento ai cd. “controlli a tavolino”. In caso contrario, infatti, si riconoscerebbe la possibilità del contraddittorio preventivo solo a chi subisce una verifica presso la propria sede, il che non troverebbe giustificazione alcuna.

In proposito giova richiamare Cass. Sent. n. 2594 del 05/02/2014 con la quale la Suprema Corte è stata chiamata a decidere la legittimità di un avviso di accertamento emesso in materia di indagini finanziarie. Affermano i supremi giudici: “L’art. 12 c. 7 della L. 212 deve essere interpretato nel senso che l’inosservanza del termine di 60 giorni per l’emanazione dell’accertamento determina, salvo che ricorrano specifiche ragioni di urgenza, l’illegittimità dell’atto impositivo emesso ante tempus e che la nullità in questione non è limitata alla sola verifica che si concluda con la sottoscrizione e consegna del processo verbale di constatazione, ma più in generale, alla conclusione delle operazioni svolte, che trattandosi di indagini finanziarie, sono state effettuate presso gli uffici. “

Giova altresì richiamare Cass. Sent. n. 7960 del 04/04/2014 nella quale la Suprema Corte precisa che va riconosciuta una naturale vis espansiva in relazione alla valorizzazione dell’istituto del contraddittorio procedimentale nei rapporti tra fisco e contribuente.

Con riferimento alla giurisprudenza di merito si richiamano:

  • CTP Ascoli Piceno Sent. n. 385/14 del 22/04/2014
  • CTR Lombardia Sent. n. 32 del 22/03/2013
  • CTP La Spezia Sent. n. 2010 del 16/01/2007. Tale sentenza appare particolarmente interessante poiché vi si precisa che l’art. 12 c. 7 della L. 212/2000 si riferisce al “processo verbale di chiusura delle operazioni” e non al processo verbale di constatazione. “Sia il verbale finale di contraddittorio, sia il processo verbale di constatazione costituiscono atti amministrativi che segnano la conclusione dell’attività di verifica, ma non la fine del contraddittorio endoprocedimentale. Qualunque sia l’atto adottato dall’Amministrazione Finanziaria, terminata l’attività di verifica, il contribuente potrà legittimamente argomentare nei sessanta giorni successivi detto atto. Pertanto l’avviso di accertamento che, in difetto di motivata urgenza, fosse emesso ante tempus, ossia prima dei prescritti sessanta giorni è sempre lesivo del diritto di difesa e del diritto al contraddittorio e, come tale, censurabile ed insanabile in sede contenziosa”.
  • CTP Reggio Emilia Sent. n. 159 del 08/11/2012
  • CTP Parma Sent. n. 94/06/13
  • CTR Toscana Sent. n. 68/2009
  • CTR Sardegna Sent. n. 83/2013 in base alla quale “… l’attività di verifica consiste nel ricercare e contestare la verità, ovvero l’esattezza di qualsiasi fatto o asserzione, mediante un’appropriata azione deliberata a tal fine e, nello spirito di cui è impregnata la normativa contenuta nella L. 27 luglio 2000 n. 212 (Statuto del Contribuente), la ricerca della correttezza del rapporto tributario e dell’assolvimento degli obblighi tributari da parte del cittadino contribuente, deve essere ricercata nel rispetto del principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente. Per cui l’Ufficio è sempre tenuto a rispettare le garanzie offerte al contribuente dall’art. 12 della L. n. 212 del 2000 …”.

Anche la Corte di Giustizia Europea (causa C-349/07 “Sopropè”) ha affermato che i destinatari di decisioni che incidono sensibilmente sui loro interessi devono essere messi in condizione di manifestare utilmente il loro punto di vista in merito agli elementi sui quali l’Amministrazione Finanziaria intende fondare la sua decisione e ciò allo scopo di mettere l’autorità competente in condizione di tenere in conto di tutti gli elementi del caso e di correggere eventuali errori di valutazione degli atti, conseguenti all’esame degli stessi. Nella fattispecia, dall’esame degli atti di causa e dalla discussione in udienza è emerso che è stato violato il legittimo diritto della parte ad un contraddittorio prima dell’emissione dell’avviso di accertamento; quest’ultimo, pertanto, è illegittimo e va annullato. Si segnala in senso conforme anche la Sent. 22 novembre 2012 causa C-277/11, punti da 81 a 88, nei quali viene scolpito il principio in base al quale il contraddittorio procedimentale costituisce attuazione di un principio fondamentale e di generale applicazione, che discende non solo dagli articoli 47 e 48 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, che garantiscono il rispetto dei diritti della difesa nonché il diritto ad un processo equo in qualsiasi procedimento giurisdizionale, ma anche dall’art. 41, il quale garantisce il diritto ad una buona amministrazione.

Tutte le volte in cui al contribuente non viene garantito il pieno dispiegarsi della fase relativa contraddittorio preventivo in seno al (corretto) procedimento di formazione della pretesa tributaria, in presenza di qualsivoglia tipologia di verifica fiscale (con o senza accesso), si ritiene potranno ravvisarsi le seguenti irregolarità che potranno essere eccepite in fase contenziosa:

  1. illegittimità dell’atto impugnato per non aver il contribuente ricevuto il processo di verbale delle operazioni di chiusura (controllo a tavolino);
  2. violazione dell’art. 12 c. 7 della L. 212/2000 per mancato riconoscimento al contribuente dei 60 giorni per poter presentare osservazioni e richieste ;
  3. violazione dell’art. 12 c. 7 della L. 212/2000 in merito all’illegittimità dell’atto impositivo emesso ante tempus

Da ultimo si segnalano due documenti di prassi emanati recentemente dall’Agenzia delle Entrate con i quali, pare di comprendere,  l’Amministrazione Finanziaria vuole prendere atto, anche se non in maniera esplicita, dell’orientamento giurisprudenziale sopra delineato.

Nella circolare n. 24/E del 31/07/2013 (nuovo redditometro) l’Agenzia afferma che “…nella motivazione (dell’avviso di accertamento) devono essere evidenziate le vicende dell’intero iter accertativo risultante dalle verbalizzazioni dei momenti di confronto con il contribuente ed, in particolare, i motivi del mancato accoglimento delle proposte avanzate dalla parte …”.

Nella circolare n. 25/E del 06/08/2014 (contrasto all’evasione anno 20149) l’Agenzia afferma che “…In tale ambito (indagini finanziarie) appare opportuno evidenziare l’importanza che assume il ricorso al contraddittorio preventivo con il contribuente, attesa la rilevanza delle presunzioni stabilite dal comma 1, n. 2, secondo periodo, dell’art. 32 del D.P.R. n. 600 del 29 settembre 1973 e gli effetti che dalle stesse potrebbero derivare. Nel ribadire, in coerenza con la passata prassi in materia, che scopo delle indagini finanziarie è quello di ricostruire l’effettiva disponibilità reddituale del soggetto sottoposto a controllo, preme nuovamente sottolineare come le presunzioni fissate dalla citata norma a salvaguardia della pretesa erariale devono essere applicate dall’Ufficio secondo logiche di proporzione e ragionevolezza avulse da un acritico automatismo, giovandosi in via prioritaria della collaborazione del contribuente e delle dimostrazioni che questi potrà addurre a titolo di giustificazione delle operazioni finanziarie rilevate, con riguardo in particolare ai prelevamenti …”.

 

 

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