Per la Cassazione il contraddittorio preventivo non è obbligatorio

Sta facendo discutere in questi giorni la Sentenza n. 24823/2015 della Corte di Cassazione, resa a SS.UU., nella quale viene stabilito che non esiste nel nostro ordinamento un obbligo generalizzato di attivazione del contraddittorio prima dell’emissione dell’atto da parte dell’ufficio, salvo non sia previsto per legge. Trattasi infatti di un principio di derivazione comunitaria, applicabile pertanto solo ai tributi armonizzati (Iva, dogane e accise, principalmente). In tal caso, però, affinché operi la sanzione di nullità del provvedimento, il contribuente, in giudizio, deve assolvere all’onere “…di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere, qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato, e che l’opposizione di dette ragioni (valutate con riferimento al momento del mancato contraddittorio), si riveli non puramente pretestuosa e tale da configurare, in relazione al canone generale di correttezza e buona fede ed al principio di lealtà processuale, sviamento dello strumento difensivo rispetto alla finalità di corretta tutela dell’interesse sostanziale, per le quali è stato predisposto. …”. Inoltre la garanzia dell’art. 12 c. 7 della L. 212/2000 è riferita solo alle ipotesi di provvedimenti conseguenti a verifiche eseguite presso la sede del contribuente poiché l’accesso presso quest’ultimo, afferma la Suprema Corte, é caratterizzato “dall’autoritativa intromissione dell’Amministrazione nei luoghi di pertinenza del contribuente alla ricerca, quivi, di elementi valutativi a lui sfavorevoli: peculiarità che specificamente giustifica, quale controbilanciamento, il contraddittorio al fine di correggere, adeguare e chiarire, nell’interesse del contribuente e della stessa Amministrazione, gli elementi acquisiti presso i locali aziendali.”

Tale sentenza costituisce senza ombra di dubbio un revirement rispetto alla precedente giurisprudenza della stessa Corte sul punto (Sent. 18184/2013, 19667/2014, Ord. 527/2015) e si pone altresì in contrasto con i principi sanciti dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 132/2015.

A non convincere è la distinzione tra tributi armonizzati e non al fine dell’applicabilità del diritto al contraddittorio preventivo: la Corte “dimentica” che, soprattutto con riferimento agli avvisi di accertamento emanati nei confronti di soggetti passivi IVA, gli atti sono unici e riguardano tutti i tributi, sia l’IVA che le imposte dirette per cui, in base alla sentenza, per la parte IVA esisterà il diritto al contraddittorio ma non per la parte riferibile alle imposte dirette, nonostante i rilievi posti a base del recupero di entrambe le tipologie di imposte solitamente siano gli stessi. Se l’obiettivo del contraddittorio dev’essere quello di giungere alla determinazione della giusta imposizione, tale obiettivo deve riguardare tutti i tributi e non solo alcuni, altrimenti si violerebbero i principi sanciti dall’art. 3 e 97 della Costituzione.

Anche l’interpretazione dell’art. 12 c. 7 della L. 212/2000 quale contrappeso per il fatto di subire l’intrusione nella propria sfera privata di attività non convince, posto che la necessità di essere sentiti dovrebbe diminuire, e non aumentare, in caso di accesso presso il contribuente.

Dal punto di vista processuale, nel caso in cui il contribunte dovesse eccepire (obbligatoriamente nel ricorso di primo grado) l’invalidità dell’atto per l’omessa attivazione da parte dell’ufficio del contraddittorio endoprocedimentale, vertendosi in materia di tributi armonizzati, in quanto non è stato messo in grado di produrre elementi difensivi, e l’ufficio dovesse controdedurre in merito all’irrilevanza di tale eccezione, è verosimile che il giudice tributario, alla luce dei principi espressi nella sentenza, dovrà farsi carico di una sorta di giudizio incidentale per comprendere l’eventuale utilità di un contraddittorio preventivo al tempo omesso.

Si ritiene che la sentenza rappresenti un passo indietro con riferimento all’ottimizzazione del rapporto tra fisco e contribuente e pertanto sarebbe quanto mai auspicabile che il legislatore, nella legge di stabilità in corso di approvazione, provvedesse a sancire l’obbligo generalizzato del contraddittorio preventivo.

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