Niente agevolazioni IMU se i coniugi risiedono in Comuni diversi

La Corte di Cassazione con Ord. n. 20130/2020 ha stabilito che l’esenzione per l’abitazione principale ai fini IMU non si applica nel caso in cui l’intero nucleo familiare non risiede anagraficamente né dimora abitualmente nell’immobile. Tale interpretazione dei supremi giudici si pone in netto contrasto con la circolare n. 3/DF del 2012 nella quale il MEF, al contrario, aveva stabilito che nel caso in cui i componenti dello stesso nucleo familiare abbiano stabilito la residenza in immobili situati in Comuni diversi entrambi gli immobili potevano essere considerati abitazioni principali “poiché in tale ipotesi il rischio di elusione della norma è bilanciato da effettive necessità di dover trasferire la residenza anagrafica e la dimora abituale in un altro comune, ad esempio, per esigenze lavorative”.

La vicenda processuale vede protagonista una contribuente alla quale il Comune aveva negato l’agevolazione IMU prevista per l’abitazione principale perché, pur avendo la contribuente la residenza anagrafica nell’immobile, il coniuge aveva spostato la propria residenza anagrafica in un immobile di altro Comune, sebbene per esigenze lavorative.

Gli ermellini, nell’interpretare la norma di riferimento, vale a dire l’art. 13 c. 2 del DL 201/2011 conv. L. 214/2011 illo tempore vigente, accogliendo il ricorso presentato dall’ente di riscossione del Comune, hanno affermato che poiché la norma stabilisce che per abitazione principale si intende l’immobile iscritto o iscrivibile in catasto nel quale il possessore e il suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente, affinché l’immobile possa essere agevolato è necessario che l’intero nucleo familiare dimori abitualmente e risieda anagraficamente nell’immobile, con la conseguenza che laddove i coniugi hanno residenze in Comuni diversi, nessuno degli immobili in cui risiedono possa considerarsi agevolabile, anche considerando che le norme agevolative sono di stretta interpretazione.

L’Ordinanza della Cassazione in commento, le cui conclusioni come già detto sono diametralmente opposte a quelle ministeriali, apre adesso il fronte all’attività di recupero dell’IMU da parte dei Comuni in tutte le situazioni simili  a quella affrontata dai supremi giudici, si pensi ad es. alle case turistiche.

Si ricorda infine che ai sensi dell’art. 1 c. 161 L. 296/2006 gli avvisi di accertamento in rettifica e d’ufficio vanno notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui il versamento avrebbe dovuto essere effettuato. Per effetto di tale disposizione normativa, pertanto, i Comuni possono richiedere il versamento dell’IMU a partire dall’anno 2015 in poi.

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