Le pretese tributarie “pretendono” l’Agenzia delle Entrate quale legittimato passivo

Si segnala la recente ordinanza n. 8919/2014 della Corte di Cassazione, con la quale i giudici di ultima istanza forniscono interessanti chiarimenti in merito all’assunzione della legittimazione passiva da parte dell’Agenzia delle Entrate nel processo tributario.

Dalla decisione non è possibile individuare i contorni della vicenda, ma è verosimile che essa ruoti attorno al difetto di legittimazione passiva eccepito dall’Agenzia delle Entrate di fronte ad un ricorso proposto dal contribuente per vizi dei ruoli impugnati, probabilmente riferibili al concessionario della riscossione.

La Suprema Corte, nel respingere il ricorso proposto dall’Agenzia, ha affermato che essa è titolare del diritto alla riscossione per cui è sempre legittimata a contraddire le difese del contribuente anche quando queste investono questioni riferibili al concessionario della riscossione a tal fine richiamando la sentenza n. 16412/2007 emessa a Sezioni Unite. Inoltre non esiste un litisconsorzio necessario tra Agenzia e concessionario per cui se  la difesa del contribuente riguarda vizi riconducibili all’attività del concessionario, l’Agenzia (che sia unica parte resistente nel processo) non solo ha l’onere di partecipare al giudizio ma eventualmente ha anche quello di chiamare in causa il concessionario.

Si ricorda a tal proposito che se il contribuente impugna, ad es., una cartella esattoriale (e il ruolo in essa contenuto) deducendo sia vizi relativi all’attività del concessionario sia vizi riconducibili all’attività dell’Agenzia, e propone ricorso solo contro il concessionario, questi deve chiamare in causa l’Agenzia delle Entrate per i vizi ad essa riconducibili; in mancanza il concessionario risponde delle conseguenze della lite (art. 39 Dlgs 112/99). Non esiste invece analoga previsione legislativa nella situazione di cui alla decisione in commento.

I chiarimenti forniti, pertanto, appaiono particolarmente interessanti perché non di rado il contribuente si trova a perdere il diritto di difesa nel caso in cui il giudice tributario accolga l’eccezione mossa dall’Agenzia in merito al difetto di legittimazione passiva.

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