La cessazione dell’attività giustifica la non congruità alle risultanze dello studio di settore

La CTP di Caltanissetta con la Sent. n. 503/03/2013 ha annullato un avviso di accertamento da studi di settore relativo all’anno di imposta 2004 emesso nei confronti di un contribuente che aveva prodotto delle perdite giustificate dalle difficoltà in cui versava la propria attività e che lo avevano portato a cessare la stessa.

I giudici di prime cure accolgono il ricorso richiamando prima di tutto i principi di diritto elaborati dalla giurisprudenza sugli studi di settore:

  • gli studi di settore costituiscono presunzioni semplici
  • centralità del contraddittorio per calare lo strumento nella realtà del contribuente
  • l’ufficio può procedere con l’accertamento in caso di inerzia del contribuente all’invito al contraddittorio, ma questo non pregiudica il diritto alla difesa.

Nel merito, il collegio condivide l’impianto probatorio del contribuente il quale aveva eccepito nel ricorso che lo studio di settore non coglieva quella che era la realtà della propria attività, ossia un’attività in difficoltà, tant’è vero che visto il continuo andamento negativo egli aveva dapprima deciso di cedere l’attività e, non riuscendoci, successivamente ha venduto alcuni beni strumentali cessando definitivamente l’attività. Questi fattori hanno indotto a rinenere “non implausibile il fatto che l’attività presentasse quelle perdite dichiarate negli ultimi anni”. Anche perché, afferma ancora il collegio, “l’esistenza di profitti avrebbe indotto il ricorrente a proseguire l’attività”. L’accertata esistenza delle perdite, e quindi il mancato conseguimento del ricavo puntuale, seguito dalla cessazione dell’attività giustificano appieno lo scostamento dalle risultanze di Gerico.

 

 

 

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