Rimborso IVA spettante anche in assenza dell’avvio dell’attività di impresa

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 27198/2013, ha stabilito che il diritto al credito IVA e quindi al rimborso spetta anche in assenza di avvio di fatto dell’attività di impresa. La vicenda al centro della decisione riguardava due società esercenti l’attività di fabbricazione di poltrone e divani le quali avevano acquistato uno stesso capannone industriale detraendo l’IVA su tale acquisto. Successivamente entrambe le società venivano incorporate in una nuova società alla quale l’Agenzia contestava il diritto alla detrazione dei crediti IVA in relazione all’acquisto del capannone effettuato dalle incorporate in quanto risultava che queste ultime, dalla loro costituzione e fino alla fusione, non avevano mai posto in essere l’attività di fabbricazione di poltrone e divani.

Avverso gli avvisi di rettifica parziale IVA la società proponeva ricorso in CTP, la quale ne respingeva le doglianze poiché non era stata fornita la prova contraria in merito all’inoperatività delle due società. La CTR, invece, accoglieva l’appello della contribuente anche in considerazione del fatto che l’impresa aveva aderito al condono ex art. 9 c. 9 della L. 289/2002. Inoltre secondo i giudici di seconde cure l’attività di impresa non era stata avviata in conseguenza di circostanze avverse sotto il profilo economico stante la crisi finanziaria e le fluttuazioni del mercato.

Propone allora l’ufficio ricorso per cassazione, eccependo, nel caso di specie, l’irrilevanza del condono ribadendo che le due società non avevano svolto alcuna attività commerciale e che le affermazioni dei giudici della CTR in merito alla crisi finanziaria che non aveva permesso l’avvio dell’attività non erano in alcun modo provate.

La Corte di Cassazione respinge il ricorso dell’ufficio stabilendo che è accertata l’inoperatività delle società e che spetta all’ufficio la prova dell’illiceità fiscale dell’operazione. La Suprema Corte richiama a tal proposito la propria sentenza 5739/2005 nella quale sancì che la detrazione dell’IVA ex art. 19 del DPR 633/72 connessa all’inerenza dei beni e servizi acquistati o importati all’attività di impresa è configurabile in presenza di documentate spese di investimento, sostenute in vista dello svolgimento dell’attività lucrativa. Detta attività, articolata in un’iniziativa complessa e quantitativamente rilevante, vale anche in assenza di operazioni attive non potendo escludersi che una società intenda perseguire lo scopo per cui è stata costituita solo perchè costretta ad una stasi da una temporanea crisi finanziaria o da fluttuazioni del mercato.

La pronuncia della Corte di Cassazione in commento è in linea peraltro con l’orientamento della Corte di Giustizia secondo cui, salvo casi di fraudolenza, la qualità di soggetto passivo IVA non può essere revocata anche se l’impresa ha deciso di non passare alla fase operativa. L’ufficio, dunque, per negare il diritto alla detrazione ovvero per giustificare il diniego al rimborso, deve provare il disegno fraudolento posto a base dell’operazione.

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